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sabato 27 aprile 2019

Richard Trenton Chase: Il vampiro di Sacramento


Richard Trenton Chase: Il vampiro di Sacramento
Richard Trenton Chase, nato a Sacramento, 23 maggio 1950 morto a Vacaville, 26 dicembre 1980, è stato un assassino seriale statunitense. Soprannominato Il vampiro di Sacramento, è stato ritenuto colpevole di sei omicidi commessi tra il dicembre 1977 e il gennaio 1978, con metodi che includevano vampirismo e squartamento: a causa del modus operandi adottato, viene spesso identificato come il prototipo di assassino seriale disorganizzato.
Originario di una famiglia violenta (i genitori erano convinti che la disciplina si potesse insegnare solo con la violenza), sin dall'infanzia Chase iniziò a soffrire di alcuni sintomi identificati come triade di Macdonald (enuresi, piromania e zoosadismo, quest'ultimo sotto forma di uccisione e tortura di gatti). In età adolescenziale iniziò a soffrire di una forma di impotenza (ritenuta da alcuni psicologi che lo visitarono come il focolaio di una malattia mentale) e ad abusare di droghe e medicinali. In seguito a ciò Chase iniziò a manifestare gravi disturbi paranoidi che furono diagnosticati come una forma di schizofrenia dopo che fu ricoverato all'ospedale in preda a delle allucinazioni (dichiarò ai medici che qualcuno gli aveva rubato l'arteria polmonare, che le sue ossa stavano uscendo dal corpo e che lo stomaco si stava sciogliendo). Ormai sprofondato in uno stato ipocondriaco e convinto di essere stato avvelenato dai genitori, Chase si trasferì in un nuovo appartamento e iniziò ad effettuare pratiche di vampirismo su conigli, squartandoli e bevendone il sangue per salvare il proprio cuore che si stava rimpicciolendo. Ricoverato per una seconda volta in seguito ad una grave intossicazione del sangue (si era iniettato nelle vene del sangue contaminato da acido), gli fu diagnosticata una schizofrenia dovuta all'abuso di farmaci curabile con un farmaco sperimentale. In seguito agli scarsi risultati della terapia, Chase tentò di fuggire dall'ospedale, ma fu trasferito in un'altra clinica dove gli fu diagnosticata la sindrome di Reinfeld per poi essere rilasciato perché non ritenuto pericoloso. Stabilitosi in altro appartamento e senza più l'aiuto dei genitori (che smisero di passargli i medicinali), Chase ricominciò a torturare animali. Di lì a poco Chase decise di passare agli omicidi: la prima vittima fu Ambrose Griffin, un ingegnere di 51 anni ucciso il 27 dicembre 1977 con un colpo di fucile calibro 22 sparato da lunga distanza. Nei giorni successivi Chase iniziò a vagabondare per le case del vicinato alla ricerca di nuove vittime: pur essendo talvolta individuato, riuscì a fuggire non prima di aver messo a soqquadro le abitazioni e sfregiato i mobili urinando o defecando nei cassetti. Il 23 gennaio 1978 Chase si introdusse nella casa di Theresa Wallin, ventiduenne incinta di tre mesi: dopo averla uccisa con 3 colpi di fucile calibro 22, la trascinò sul letto iniziando a compiere atti di squartamento, vampirismo e necrofilia. Quattro giorni dopo, Chase uccise quattro persone (tra cui un neonato, il cui corpo sarà ritrovato solo il 24 marzo nei pressi di una chiesa) con lo stesso metodo adottato per la vittima precedente. Immediatamente identificato grazie alle dichiarazioni di una sua ex compagna di classe incontrata il giorno del primo omicidio e al recupero della cartella clinica, Chase fu arrestato il giorno successivo al triplice omicidio. Dopo alcuni mesi di dibattito sulla sua sanità mentale, il 2 gennaio 1979 si aprì il processo a Chase che si concluse con una condanna a morte (emessa l'8 maggio) per l'omicidio di sei persone. Il 26 dicembre 1980, dopo più di un anno dalla condanna (in cui fu ripetutamente interrogato da psichiatri dell'FBI nel tentativo di tracciarne un preciso profilo psicologico), Chase si suicidò ingerendo un'enorme quantità di farmaci antidepressivi.

Albert Fish: Il lupo mannaro di Wysteria


Albert Fish: Il lupo mannaro di Wysteria
Albert Fish, nato Hamilton Howard Fish, nato a Washington, 19 maggio 1870 morto a New York, 16 gennaio 1936, è stato un serial killer statunitense. È conosciuto anche come l'Uomo grigio, il Lupo mannaro di Wysteria, il Vampiro di Brooklyn e Il Maniaco della Luna. Si vantò di aver molestato più di 400 bambini e di averne uccisi più di 100, quasi tutti afroamericani, poiché la loro scomparsa sensibilizzava meno l'opinione pubblica. In realtà fu trovato colpevole di almeno cinque omicidi, nonostante fosse fortemente sospettato di altri. Confessò tre omicidi che la polizia fu capace di collegare ad un omicidio ben noto, e confessò di aver pugnalato altre due persone. Messo a giudizio per l'omicidio di Grace Budd, fu dichiarato colpevole e condannato a morte. Fish è famoso per l'efferatezza dei suoi crimini (torturava, uccideva e mangiava bambini) e per i suoi innumerevoli disturbi sessuali, di cui molti sconosciuti fino a quel momento (ad esempio l'abitudine di infilarsi gli aghi nel corpo); è anche stato inserito dagli studiosi nella lista dei 20 serial killer più pericolosi.
Fish nacque a Washington, da Randall Fish (1795 – 1875) di Kennebec, Maine, e da sua moglie Ellen (1838- ?), irlandese. Disse di essere stato chiamato molto tempo dopo la sua nascita Hamilton Fish. Suo padre, Randall Fish, era 43 anni più vecchio della madre. Fish era il più giovane dei figli e aveva tre fratelli in vita: Walter, Annie, ed Edwin. Molti membri della sua famiglia soffrivano di disturbi mentali, e uno soffriva di mania religiosa. Suo padre, Randall Fish, era capitano di battelli fluviali, ma nel 1870 svolse la professione di fabbricante di fertilizzanti. Randall Fish morì per un attacco di cuore alla Sixth Street Station della Ferrovia della Pennsylvania nel 1875 a Washington. Sua madre, incapace di prendersi cura di Hamilton (Albert), lo mise in un orfanotrofio, dove fu frequentemente frustato e bastonato, scoprendo infine che provava piacere nel dolore fisico. Le bastonate gli avrebbero spesso procurato erezioni, cosa per la quale gli altri orfani lo canzonavano. Decise di voler essere chiamato "Albert" per sfuggire al soprannome 'Ham and Eggs' (prosciutto e uova) che gli fu affibbiato in orfanotrofio. Nel 1879, sua madre ottenne un impiego pubblico e fu in grado di prendersi nuovamente cura di lui. In seguito iniziò una relazione omosessuale nel 1882, all'età di dodici anni, con un garzone telegrafista. In gioventù Fish iniziò a praticare la coprofagia e a frequentare bagni pubblici, dove poteva guardare i ragazzi svestiti, trascorrendovi interi giorni nel fine settimana. Nel 1890, Albert arrivò a New York e diventò un gigolo ("prostituta maschio" come disse lui stesso). Disse anche di aver iniziato a violentare ragazzi, crimine che continuò a commettere anche dopo il matrimonio combinatogli dalla madre nel 1898 con una donna di nove anni più giovane di lui. Ebbero sei bambini: Albert, Anna, Gertrude, Eugene, John, ed Henry Fish. Fu arrestato per appropriazione indebita e fu condannato alla detenzione, pena che scontò a Sing Sing nel 1903. Mentre era in prigione ebbe frequentemente rapporti sessuali con altri detenuti. Nel gennaio del 1917 sua moglie lo lasciò per John Straube, un tuttofare pensionante dalla famiglia Fish.
Fish disse di aver vagabondato da un capo all'altro degli Stati Uniti durante il 1898, lavorando come imbianchino. È in questo periodo che, a quanto disse, molestò più di 100 bambini, la maggior parte sotto i sei anni. Più tardi raccontò un episodio singolare: un suo amante lo portò ad un museo di statue di cera, dove Fish rimase totalmente affascinato dal plastico raffigurante la sezione longitudinale di un pene. Arrivò a sviluppare un morboso interesse per la castrazione, tanto che durante una relazione con un uomo mentalmente ritardato, tentò di castrarlo dopo averlo legato, ma l'uomo fuggì. Fish allora intensificò le sue visite ai bordelli dove poteva ottenere di essere frustato e bastonato.
Fish commise la sua prima aggressione letale su Thomas Bedden (1886-1910), a Wilmington, Delaware nel 1910; a questa seguì intorno al 1919 l'accoltellamento di un ragazzo disabile a Georgetown. L'11 luglio del 1924 Fish trovò Beatrice Kiell, una bambina di quattro anni, che giocava da sola nella fattoria dei suoi genitori a Staten Island. Le offrì delle monete per andare ad aiutarlo a cercare piante di rabarbaro nei campi vicini. La bambina stava per lasciare la fattoria quando sua madre scacciò via Fish, che se ne andò, ma ritornò più tardi al granaio, dove provò a passare la notte prima di essere scoperto e scacciato nuovamente da Hans Kiell. Il 25 maggio del 1928 Edward Budd mise un'inserzione nell'edizione domenicale del New York World che diceva: "Giovane uomo, 18, desidera impiego nel paese. Edward Budd, 406 West 15th Street." Il 28 maggio Fish, allora cinquantottenne, visitò la famiglia Budd a Manhattan, New York City. Si presentò come Frank Howard, un industriale di Farmingdale, New York, e gli disse che voleva assumere Edward (in realtà aveva intenzione di portarlo in un luogo isolato e ucciderlo castrandolo e lasciandolo dissanguare). Quando arrivò, Fish incontrò la giovane sorella di Budd, Grace, di dieci anni, e cambiò obiettivo. Alla seconda visita acconsentì ad assumere Budd e poi convinse i genitori, Delia Flanagan e Albert Budd I, a farsi accompagnare da Grace ad una festa di compleanno a casa della sorella. Albert senior era un facchino della Equitable Life Assurance Company. Grace aveva una sorella, Beatrice, ed altri due fratelli, Albert Budd II e George Budd. Quel giorno Fish se ne andò con Grace e nessuno dei due fece più ritorno. La polizia arrestò Charles Edward Pope il 5 settembre del 1930 come sospetto di rapimento. Era un sessantaseienne sovrintendente di un palazzo, e fu accusato dalla moglie, una mitomane. Passò 108 giorni in prigione tra il suo arresto ed il processo avvenuto il 22 dicembre 1930.Sette anni più tardi, nel novembre del 1934, una busta contenente una lettera anonima fu spedita ai genitori della ragazza e indusse la polizia a sospettare di Albert Fish. Mrs. Budd era analfabeta e non poteva leggere la lettera. La lettera fu consegnata in una busta che aveva un piccolo emblema esagonale con le lettere "N.Y.P.C.B.A." che stanno per "New York Private Chauffeur's Benevolent Association". Un portinaio della società disse alla polizia di averne prese alcune dai pacchi di forniture per ufficio, ma di averle lasciate al suo alloggio al 200 East 52nd Street quando se ne andò. La padrona di casa degli alloggi disse che Fish aveva pagato il conto di quella stanza e lasciato l'albergo pochi giorni prima. Disse che il figlio di Fish gli spediva dei soldi e che le chiese di tenere il suo prossimo conto per lui. William F. King, il capo investigatore, aspettò fuori dalla stanza fino a che Fish ritornò. Fish accettò di andare alla polizia per esservi interrogato, ma sul portone tentò di aggredire King con un paio di rasoi. King lo disarmò e lo portò al quartier generale, dove Fish non fece nessun tentativo di negare l'assassinio di Grace Budd, spiegando anzi che aveva l'intenzione di andare in quella casa per uccidere Edward Budd, il fratello di Grace.
Un bambino chiamato Billy Gaffney stava giocando sulla veranda dell'appartamento della sua famiglia a Brooklyn, New York, con il suo amico, Billy Beaton l'11 febbraio 1927. Entrambi i ragazzi sparirono, ma l'amico fu ritrovato sul tetto dell'appartamento. Quando gli chiesero cosa fosse successo a Gaffney, Beaton disse "Boogeyman l'ha portato via". Inizialmente Peter Kudzinowski fu sospettato dell'omicidio di Billy Gaffney. Poi, Joseph Meehan, un autista di una linea tranviaria di Brooklyn, vide una foto di Fish nel giornale e lo identificò come un anziano signore che aveva visto l'11 febbraio 1927, mentre stava provando a calmare un ragazzino seduto accanto a lui sul tram. Il ragazzo non indossava una giacca e stava piangendo per sua madre e fu trascinato dall'uomo su e giù dal tram. La polizia identificò Billy Gaffney con la descrizione del bambino visto da Meehan. Il corpo di Gaffney non fu mai recuperato dalla fossa nel fiume nel quale Fish disse di aver gettato parti del suo corpo. I genitori di Billy erano Elizabeth ed Edward Gaffney. Elizabeth visitò Fish a Sing Sing per provare ad ottenere (e li ebbe) più dettagli sulla morte del figlio.
Il processo di Albert Fish per l'omicidio premeditato di Grace Budd iniziò il lunedì 11 marzo 1935, a White Plains (New York) con il giudice Frederick P. Close e l'assistente capo procuratore distrettuale Elbert F. Gallagher come pubblico ministero. James Dempsey fu l'avvocato a cui la procura affidò la difesa di Fish. Il processo durò dieci giorni. Fish addusse a pretesto l'insanità e pretese di aver ascoltato voci da Dio che gli dicevano di uccidere bambini. Affermava inoltre che la violenza perpetrata a se stesso e agli altri gli purificasse l'anima e che Dio, se fosse stato contrario ai suoi omicidi, avrebbe già mandato un angelo a fermarmi la mano, come fece con il profeta Abramo. Diversi psichiatri affermarono il feticismo sessuale di Fish, includendo coprofilia, urofilia, pedofilia e masochismo, ma ci furono disaccordi sul fatto che quelle attività significassero oppure no che l'uomo era infermo di mente. Il capo testimone della difesa fu Fredric Wertham, uno psichiatra specializzato nello sviluppo dei bambini che condusse esami psichiatrici per le corti criminali di New York; Fish gli raccontò con freddezza tutti i suoi crimini e le sue perversioni sessuali; in seguito Wertham dichiarò che Fish era insano di mente. Un altro testimone della difesa era Mary Nicholas, la figliastra diciassettenne di Fish. La ragazza descrisse come Fish insegnò a lei e ai suoi fratelli e sorelle un "gioco" implicando masochismo e molestie a minori. La giuria lo giudicò sano di mente e colpevole ed il giudice espresse la sentenza di morte. Dopo la sentenza, Fish confessò l'assassinio di Francis X. McDonnell, 8 anni, ucciso a Staten Island. Francis stava giocando sul portico della sua casa vicino a Richmond, Staten Island il 15 luglio 1924. La madre di Francis vide un "anziano signore" camminare stringendo e rilassando i suoi pugni. Camminava senza dire niente. Più tardi in giornata, l'anziano signore fu visto ancora, ma questa volta stava guardando Francis e i suoi amici giocare. Il corpo di Francis fu trovato nei boschi nei pressi dove un vicino vide Francis e un "anziano signore" andare quel pomeriggio presto. Francis fu assalito e strangolato con le sue bretelle. Fish arrivò nel marzo del 1935 a Sing Sing e fu giustiziato il 16 gennaio del 1936 sulla sedia elettrica. Entrò per niente spaventato nella camera alle 23:06 e fu dichiarato morto tre minuti più tardi. Venne poi sepolto nel cimitero della prigione. Si ricorda che Fish disse che l'elettroesecuzione sarebbe stata "la suprema emozione della mia vita". Inoltre aiutò gli inservienti ad allacciare le fibbie della sedia attorno alle sue gambe e braccia. Appena prima che l'interruttore girasse dichiarò: "Non so ancora perché sono qui". Sull'esecuzione spesso viene detto che "ci vollero due scosse per ucciderlo, difatti durante la prima gli aghi conficcati nell'inguine mandarono in tilt la sedia elettrica"; in realtà gli aghi conficcati nel suo corpo non poterono influire sul funzionamento della sedia elettrica. Al massimo questi aghi poterono un po' alterare il passaggio della corrente elettrica, che tende a passare nelle zone dove la conducibilità elettrica è maggiore (gli aghi di metallo appunto). Testimoni raccontarono che Fish morì normalmente come qualsiasi altro condannato alla sedia elettrica e non successe niente di strano durante l'esecuzione.
Fish negò implicazioni con altri omicidi. Fu comunque sospettato per altri tre assassini. Il detective William King credeva che Fish potesse essere stato il "Vampiro di Brooklyn", uno stupratore e assassino che prediligeva tormentare i bambini. Erano:

1927 - Yetta Abramowitz, nel Bronx. Fu strangolata e bastonata sul tetto di un edificio a cinque piani al 1013 Simpson Street. Morì in un ospedale subito dopo che fu trovata. L'assassino fuggì, ma 20 detective e molti poliziotti in borghese si misero alla caccia di un "Giovane uomo alto" che fu visto più volte a tentare di attirare la ragazzina dal vicinato negli scuri corridoi e vicoli il 14 maggio 1927. Yetta aveva una sorella, Becky Abramowitz.
1932 - Mary Ellen O'Connor a Far Rockaway nel Queens il 25 febbraio 1932. Il suo corpo mutilato fu trovato nei boschi vicino ad una casa pitturata da Fish.
1932 - Benjamin Collings
1933 - Diego Maracuya e Veronika Lazul sgozzati vivi nell'abitazione della ragazza a New York. Furono ritrovati dalla loro vicina di casa il giorno seguente.
Fish inserì decine di aghi e spilli di diverse dimensioni in tutto il corpo, specialmente nell'inguine e nel perineo. 29 di questi erano incastrati permanentemente, come dimostra la radiografia. Lui disse che aveva provato ad infilarsi un ago nel suo scroto ma era troppo doloroso. Accettò di essere esaminato da Fredric Wertham per la sua convenienza a supportare la tesi di instabilità mentale. Fish ebbe molte parafilie. Per esempio, voleva inserire un lungo gambo di rosa nel suo pene e guardarsi allo specchio, poi voleva rimuovere la rosa e mangiarne i petali (era cioè affetto da dendrofilia). Le altre parafilie includevano sadismo, masochismo, flagellazione, esibizionismo, voyeurismo, piquerismo, pedofilia, coprofagia, feticismo, urofilia, cannibalismo, castrazione, vampirismo e tendenze a prostituirsi. Era anche particolarmente ossessionato dalla religione e più volte gli capitavano attacchi di delirio e visioni a sfondo mistico. I dottori che lo esaminarono per il processo scoprirono che Fish aveva molti aghi nel suo corpo, la maggior parte intorno ai suoi genitali. Avrebbe inserito balle di cotone impregnate dell'alcool degli accendini nel suo retto e dato loro fuoco. Wertham raccontò molte storie, alcune furono confermate dalla sua famiglia e dall'evidenza fisica (ad esempio sul corpo erano rimasti i segni delle frustate e dei tagli che si autoinfliggeva); le altre non si opponevano a nessuna testimonianza legale. Wertham trovò che Fish si mostrava violento verso animali di giovane età. Fish disse che lui e un suo amico impregnarono la coda di un cavallo nel cherosene e la diedero alle fiamme per vedere i risultati. Una volta cadde da un ciliegio e non si riprese mai completamente dalla ferita. Quando era all'orfanotrofio bagnò il suo letto, e per questo fu deriso dai suoi compagni. La sua inclinazione per il cannibalismo, pretese Fish, venne da quando suo fratello maggiore Walter ritornò dal US Navy e gli raccontò storie di cannibalismo e sado-masochismo ai quali Walter assistette.


mercoledì 10 aprile 2019

Jeffrey Lionel Dahmer: il cannibale di Milwaukee


Jeffrey Lionel Dahmer: il cannibale di Milwaukee

Jeffrey Lionel Dahmer, nato a West Allis, 21 maggio 1960 morto a Portage, 28 novembre 1994, è stato un serial killer statunitense, noto anche come Il cannibale di Milwaukee o Il mostro di Milwaukee. Responsabile di diciassette omicidi effettuati tra il 1978 e il 1991 con metodi particolarmente cruenti (contemplando atti di violenza sessuale, necrofilia, cannibalismo e squartamento), fu condannato nel 1992 alla pena dell'ergastolo per poi essere ucciso, due anni dopo, da Christopher Scarver, un detenuto sofferente di schizofrenia.
Figlio di un chimico, visse, malgrado alcune difficoltà dovute a problemi di salute, un'infanzia tranquilla fino all'età di sei anni, quando la sua famiglia si trasferì a Doylestown, Ohio. A partire da quell'età, Dahmer sviluppò un carattere chiuso e apatico, incominciando a collezionare resti di animali morti che usava seppellire nel bosco situato dietro l'abitazione dei genitori o per degli scherzi a scuola. A sedici anni cominciò inoltre a coltivare fantasie sessuali in cui l'oggetto del desiderio erano persone morte, nonché a bere regolarmente grandi quantità di alcolici. Nel 1978, subito dopo il divorzio dei genitori e il conseguimento del diploma della scuola superiore, Dahmer mise in atto il suo primo omicidio. La vittima fu Steve Hicks, un autostoppista di diciannove anni: in quell'occasione l'assassino invitò il giovane nella casa dei genitori rimasta vuota, gli offrì una birra, ebbe con lui un rapporto sessuale e lo uccise colpendolo con un manubrio e soffocandolo. Successivamente smembrò il cadavere e ne nascose i pezzi in sacchi per l'immondizia che furono poi sepolti nel bosco situato dietro la casa dei genitori. Subito dopo il delitto, Dahmer si iscrisse all'Università statale dell'Ohio, dalla quale si ritirò dopo soli sei mesi, a causa della scarsa frequenza alle lezioni e dell'alcolismo. Non volendo cercare un lavoro, fu obbligato dal padre ad arruolarsi in una base dell'esercito degli Stati Uniti in Germania: dopo poco meno di due anni, durante i quali scomparvero due persone, Dahmer fu espulso per via del suo sempre più grave alcolismo. Tornato negli Stati Uniti, Dahmer visse inizialmente a Miami Beach (dove lavorò in una banca del sangue presso un ospedale). In seguito si trasferì nella casa di sua nonna a West Allis, dove venne incriminato in due occasioni per alcolismo e atti osceni in luogo pubblico. Durante questo periodo, Dahmer continuò a coltivare le proprie passioni sciogliendo nell'acido scoiattoli morti e custodendo manichini rubati nell'armadio. Nel settembre 1987 Dahmer incontrò in un bar gay Steven Tuomi: dopo aver ingerito consistenti quantità di alcolici, l'assassino uccise la propria vittima in una stanza di albergo, ne chiuse il cadavere in una valigia acquistata per l'occasione e lo portò nella cantina della casa di sua nonna dove ebbe rapporti sessuali con esso. Infine il cadavere fu smembrato e i resti gettati tra i rifiuti. Sette mesi dopo uccise con le stesse modalità, Jamie Doxtator, un quattordicenne di origini nativo-americane che frequentava i locali gay della città in cerca di una relazione. Nel marzo 1988 massacrò Richard Guerrero, un ragazzo di origini messicane incontrato anch'egli in un bar gay. Nel settembre 1988 fu allontanato da casa della nonna a causa del suo comportamento erratico, dei continui rumori molesti, e dei terribili odori provenienti dalla cantina. Si trasferì in un appartamento di Milwaukee situato vicino alla fabbrica di cioccolata in cui lavorava; in quello stesso mese adescò Somsak Sinthasomphone, un ragazzo laotiano di tredici anni, promettendogli dei soldi per un servizio fotografico. La vittima riuscì a sfuggire all'aggressore e a denunciarne le violenze: Dahmer fu arrestato e accusato di violenza sessuale. In attesa del processo (che lo condannò a dieci mesi di ospedale psichiatrico, nonostante l'accusa avesse chiesto l'incarcerazione), Dahmer in seguito tornò a vivere a casa della nonna, dove massacrò Anthony Sears, incontrato in un circolo gay: anche in questo caso la vittima fu drogata, strangolata e in seguito violentata. Ottenuta dopo dieci mesi la libertà condizionata, Dahmer visse inizialmente a casa della nonna per poi trasferirsi definitivamente, a partire dal maggio 1990, in un appartamento situato a nord di Milwaukee. Da allora in poi intensificherà la propria attività omicida uccidendo, in poco più di un anno (tra il giugno 1990 e il luglio 1991), dodici persone con gli stessi metodi utilizzati per le vittime precedenti. In questo periodo non fu mai scoperto né dai vicini di casa (i quali lamentavano tuttavia strani rumori e odori nauseabondi provenienti dal suo appartamento), né dalla polizia, che pure era riuscita a entrare nell'appartamento in seguito a un tentativo di fuga da parte della futura vittima Konerak Sinthasomphone (fratello minore del ragazzo laotiano che Dahmer aveva tentato di adescare anni prima). Il ragazzo era riuscito a liberarsi e a ottenere soccorso da parte di due donne che chiamarono la polizia. Dahmer riuscì tuttavia a convincere gli agenti che Sinthasomphone (pesantemente intossicato da alcol e droghe) fosse il suo fidanzato, allontanatosi in seguito a una banale lite. Quando gli agenti se ne furono andati, Dahmer uccise, violentò, smembrò e mangiò parzialmente la vittima. Gli agenti non solo non prestarono minimamente ascolto alle donne, ma per giunta ignorarono le varie telefonate in cui queste riferivano che il ragazzo non era più uscito dall'appartamento. Il 22 luglio 1991 Dahmer invitò Tracy Edwards nella sua abitazione, dove gli fu somministrata una dose di sonnifero, fu ammanettato a un braccio e costretto a entrare nella stanza da letto. Accortosi della presenza di foto di cadaveri smembrati appese ai muri e di un odore insopportabile proveniente da un barile, Edwards colpì l'aggressore e fuggì dall'appartamento. Fermato da una pattuglia della polizia, con la propria versione convinse gli agenti ad andare a controllare l'appartamento di Dahmer, all'interno del quale furono ritrovati numerosi resti di cadaveri conservati nel frigorifero, alcune teste e mani tagliate di netto all'interno di pentole, teschi umani dipinti, peni conservati in formaldeide e fotografie di cadaveri squartati.
Per poter effettuare il processo (iniziatosi il 30 gennaio 1992), furono adottate severe misure di sicurezza per proteggere l'imputato da possibili aggressioni da parte dei familiari delle vittime. Nonostante la difesa avesse invocato l'infermità mentale per il proprio assistito, Dahmer fu riconosciuto colpevole dei 15 capi di imputazione e, con sentenza del 13 luglio 1992, condannato alla pena dell'ergastolo per ogni omicidio commesso totalizzando 957 anni di prigione. Il presidente della corte, il giudice Laurence Gram, spiegò il motivo di sommare un ergastolo all'altro: la sentenza era stata strutturata in modo tale che, anche nel caso in cui i legali avessero tentato un ricorso in appello, Jeffrey Dahmer non sarebbe stato mai più messo in libertà. Incarcerato nel Columbia Correctional Institute di Portage, durante i primi mesi di detenzione Dahmer si convertì al cristianesimo. In seguito a un'aggressione subita il 3 luglio 1994 durante il quale fu ferito alla gola durante una funzione religiosa nella cappella del carcere, gli fu proposto il trasferimento in isolamento; Dahmer rifiutò finendo per essere nuovamente aggredito da Christopher Scarver, un detenuto sofferente di schizofrenia che lo colpì con l'asta di un manubrio trafugata dalla palestra del carcere. Tale aggressione gli risulterà fatale, e morirà durante il trasporto in ospedale a causa del trauma cranico riportato. Il suo cervello fu in seguito prelevato e conservato per studi scientifici.
Poco prima di morire alla presenza del padre Lionel rilascia una lunga intervista–confessione al giornalista televisivo Stone Phillips, nella quale cerca di spiegare le ragioni profonde del suo agire. Rifiuta ogni tipo di colpevolizzazione dei genitori e della loro educazione, e si assume appieno la responsabilità di quei delitti. In parte attribuisce il perché di quelle sue azioni alle sue incontrollate pulsioni sessuali e in parte all'essersi allontanato dalla fede (che ritroverà solo durante la sua carcerazione), e nell'essere divenuto non credente: infatti alla domanda del giornalista su quale fosse il motivo per cui sentisse la responsabilità degli omicidi solo dopo essere stato catturato e sul perché di quel comportamento Dahmer risponde: "Sono convinto che, se uno non crede nell'esistenza di Dio che gli chiederà conto delle sue azioni, allora perché dovrebbe comportarsi bene?".
Dopo la sua morte, sono avvenuti alcuni eventi direttamente collegati a Jeffrey Dahmer:

*La casa di Jeffrey Dahmer, dove aveva compiuto gran parte dei suoi omicidi, è stata demolita nel novembre 1992.
*Nel 1995 Christopher Scarver, l'ergastolano che lo uccise in carcere, fu condannato a scontare altri due ergastoli, uno per via dell'omicidio suo e un secondo per l'uccisione di un altro detenuto, Jesse Anderson, quest'ultimo ucciso nelle stesse circostanze. I due ergastoli sono stati aggiunti a quello che Scarver già scontava per l'omicidio del proprio datore di lavoro.
*Nel 1996 la città di Milwaukee ha comprato per mezzo milione di dollari tutta la sua macabra collezione di corpi smembrati. L'interesse della città statunitense in cui colpì non fu spinto dal desiderio di esporli in un museo del crimine, ma di distruggerli (sotto la spinta dal testamento di Jeffrey Dahmer che voleva essere dimenticato), cosa che venne fatta.
*Nel 2002 viene girato un film sulla vita di Jeffrey Dahmer, Dahmer - Il cannibale di Milwaukee: il film è stato diretto da David Jacobson con Jeremy Renner nel ruolo del mostro di Milwaukee. In questo film il regista ha cercato di approfondire la storia assassina di Jeffrey, ma ha cercato di mettere in luce anche il lato umano. Il regista è stato spinto da alcune dichiarazioni di Jeffrey che, durante il processo in cui fu condannato a 15 ergastoli, aveva affermato di non aver mai odiato, ma di voler esaudire il proprio desiderio di possedere un cadavere e per le sue vittime cercava la morte meno dolorosa. A conferma dell'inaffidabilità delle parole di Jeffrey (e della conseguente credulità del regista) si può ricordare il metodo di uccisione di una delle vittime, Errol Lindsey, a cui da vivo venne trapanata la testa e in seguito inserito acido cloridrico nel cervello o quello di Jeremiah Weinberger a cui invece venne inserita acqua bollente.
Le diciassette vittime degli omicidi di Dahmer erano principalmente ragazzi, adolescenti o adulti (prevalentemente omosessuali) di etnia afroamericana o asiatica e, come rilevato in seguito dalla polizia, con precedenti penali di una certa entità alle spalle. Il killer li adescava nei pressi dei luoghi di ritrovo per omosessuali fingendosi un fotografo in cerca di modelli, col pretesto di vedere film dal contenuto hard e bere qualcosa insieme, oppure semplicemente proponendo loro un rapporto sessuale. Le vittime venivano in seguito narcotizzate e uccise tramite strangolamento o pugnalamento, subivano talvolta atti di necrofilia e infine venivano squartati con una sega. Tutta l'operazione era documentata da Dahmer tramite varie fotografie che illustravano il processo in ogni singolo passo. Le parti asportate dai corpi venivano conservate in freezer come cibo, oppure disciolte nell'acido, oppure messe in formaldeide. Le teste erano invece bollite per rimuoverne la carne, lasciando il teschio nudo, il quale veniva dipinto per farlo sembrare di plastica. Dahmer sottopose inoltre alcune vittime a esperimenti di lobotomia, iniettando, tramite fori trapanati nel cranio, acido muriatico o acqua bollente nel cervello delle vittime, con l'apparente scopo di creare zombie, e provocando la morte dei malcapitati.


venerdì 5 aprile 2019

Edward Theodor Gein: Leatherface


Edward Theodor Gein: Leatherface
Edward Theodore Gein, detto Ed, nato a La Crosse, 27 agosto 1906 morto a Madison, 26 luglio 1984, è stato un assassino seriale statunitense.
Dopo la morte del fratello nel maggio 1944, avvenuta in circostanze misteriose, sei persone scomparvero dalle città del Wisconsin di La Crosse e Plainfield tra il 1947 e il 1957. Gein è stato associato solo a due di essi, anche se è sospettato di ulteriori delitti. Commise atti di squartamento e necrofilia sulle vittime; era anche solito violare delle bare e costruirsi vari pezzi di arredo con le parti dei corpi. Figlio di Augusta T. Lehrke (1878-1945) e George P. Gein (1873-1940), Ed Gein nacque a La Crosse. I genitori erano entrambi nati nel Wisconsin e si erano sposati il 7 luglio del 1900. Dal loro matrimonio nacquero Ed e il fratello maggiore Henry G. Gein (1902-1944). George P. Gein, il padre, era un violento alcolizzato e spesso disoccupato. Nonostante la violenza presente in famiglia, il matrimonio durava, poiché il divorzio non era contemplato dalla mentalità religiosa del tempo. Augusta manteneva la famiglia lavorando in una piccola drogheria, e nel corso degli anni comprò una fattoria alla periferia di un'altra piccola città, Plainfield, che divenne la dimora permanente della famiglia.
Augusta Gein manteneva i figli in uno stato di quasi totale isolamento: la loro vita consisteva nella scuola e nel lavoro nella fattoria. Augusta, che era una luterana e fanatica religiosa, aveva trasmesso ai figli il concetto dell'innata immoralità del mondo, l'odio verso l'alcolismo e che tutte le donne (esclusa lei) fossero prostitute; inoltre, il sesso era accettabile soltanto al fine di procreare. Ogni pomeriggio leggeva ai propri figli la Bibbia, in particolare passi dell'Antico Testamento dove si parla di morte, omicidio e punizione divina. A dieci anni Gein provò un orgasmo vedendo i suoi genitori macellare un maiale in un vicino casotto. Quando Gein raggiunse la pubertà, Augusta divenne maggiormente possessiva: una volta, sorprendendolo mentre si masturbava nella vasca da bagno, gli afferrò i genitali chiamandoli la "maledizione dell'uomo" e lo immerse nell'acqua bollente per punirlo. All'età di 21 anni la madre fece promettere a lui e al fratello che sarebbero sempre rimasti vergini (promessa infranta dal fratello, che perciò venne spesso correlata alla sua misteriosa morte). Con una corporatura esile e un atteggiamento effeminato e timido, il giovane Gein divenne bersaglio dei compagni più prepotenti. Era anche noto per il continuo sogghigno che mostrava durante le conversazioni serie. I compagni e gli insegnanti notarono anche il suo uso di ridere senza ragione, quasi come se volesse prenderli in giro. Nonostante la scarsa attitudine alla vita sociale, andava abbastanza bene a scuola, in particolare nella lettura. Dopo che il padre George morì nel 1940, il fratello Henry aveva incominciato a rifiutare il punto di vista della madre Augusta, tentando di convincere anche Edward. Nel maggio 1944 i fratelli si erano trovati in mezzo a un incendio nella fattoria. Edward raccontò alla polizia di aver perso di vista il fratello, ma fu poi capace di indicare con precisione dove si trovava il suo corpo. Sebbene fosse evidente che Henry aveva subito un trauma alla testa (cosa che avrebbe fatto sospettare e arrestare Ed), il perito locale giunse alla conclusione che fosse morto di asfissia mentre tentava di spegnere il fuoco. Gein visse da solo con l'amata madre ma meno di due anni dopo, il 29 dicembre 1945, Augusta morì dopo essere stata colpita da un ictus lasciando l'afflitto figlio solo nell'isolata fattoria; Augusta aveva già subito un primo attacco, rimanendo paralizzata per alcuni mesi fino a quando subì un secondo colpo apoplettico che la portò alla morte. Edward pianse istericamente come un bambino al suo funerale. La morte di Augusta fece scomparire dalla sua vita quello che molti psicologi criminali definiscono come "l'unico filo che ancora ne preservava la sanità mentale". Il 17 novembre 1957 la commessa di una drogheria di nome Bernice Worden (madre del vicesceriffo) sparì nel nulla. Fra i sospettati c'era anche Ed Gein, poiché secondo le testimonianze era stato l'ultimo ad avere avuto contatti con lei. Durante l'ispezione di un capanno di Gein, gli agenti scoprirono il cadavere della Worden, senza testa, appeso per le caviglie e aperto in due a partire dalla vagina; le mutilazioni erano state inflitte post mortem. La donna era stata uccisa con una carabina calibro 22. La testa fu rinvenuta in un'altra stanza della casa, con due chiodi conficcati ai lati: Ed aveva intenzione di appenderla al muro come un trofeo. Gein confessò di avere dissotterrato una donna di mezza età recentemente sepolta che somigliava molto a sua madre, di averne portato il cadavere a casa e di averne lavorato la pelle per farne manufatti. Fece 40 visite notturne al cimitero e violò circa 18 tombe. Durante l'interrogatorio Gein confessò inoltre di aver ucciso Mary Hogan, un'impiegata di una taverna, scomparsa dal 1954. Lasciò anche intendere di aver commesso altri delitti in gioventù, tra cui l'omicidio di una ragazzina scomparsa diversi decenni prima da Plainfield. La letteratura considera l'usare pelle di donna come un "insano rituale di travestitismo". Si pensa che Gein sperimentasse anche una forma di necrofilia, ricavando piacere sessuale dai cadaveri mutilati, ma Gein negò sempre di aver avuto rapporti coi cadaveri riesumati, perché avevano un cattivo odore. Confessò che dopo la morte della madre aveva avuto il desiderio di cambiare sesso: secondo molti egli aveva creato il suo "abito da donna" per poter assumere le sembianze della madre. Gein fu giudicato mentalmente instabile e incapace di sostenere il processo, e fu condotto all'Ospedale Statale Centrale (ora Dodge Correctional Institution) a Waupun nel Wisconsin. Durante il processo, la sua dichiarazione "Non ho mai ucciso un cervo" preoccupò molto i suoi vicini di casa, ai quali Edward aveva spesso offerto carne di cervo, da lui cacciato e cucinato: molto probabilmente era carne umana. In seguito l'ospedale statale centrale fu trasformato in prigione e Gein fu trasferito all'ospedale statale Mendota a Madison. Nel 1968 i dottori di Gein stabilirono che era abbastanza sano da sostenere il processo, tuttavia fu discolpato per infermità mentale. Scampata la sedia elettrica, Ed Gein passò gli ultimi 16 anni in un manicomio criminale. Il 26 luglio 1984 Ed Gein morì per insufficienza respiratoria in seguito a un cancro, nell'Ospedale Statale di Mendota. La sua lapide nel cimitero di Plainfield è stata frequentemente vandalizzata nel corso degli anni, finché non fu rubata nel 2000. L'anno seguente fu trovata nelle vicinanze di Seattle e in seguito trasportata in un museo nella contea di Waushara, Wisconsin. Il 20 marzo 1958, mentre Gein era in detenzione, la sua casa bruciò; si ipotizzò che l'incendio fosse doloso. Gein commentò "è meglio così". Nel 1958 la sua auto, usata per trascinare i corpi delle vittime, fu venduta per 760 dollari a un certo Bunny Gibbons, che ne ricavò un'attrazione, "La macabra auto di Ed Gein", facendo pagare 25 centesimi per vederla.