Charles Ponzi: Schema Ponzi
Charles Ponzi, nato Carlo Ponzi (Lugo, 3 marzo 1882 – Rio de
Janeiro, 18 gennaio 1949), è stato un truffatore italiano. Registrato
all'anagrafe con il nome di Carlo Pietro Giovanni Guglielmo Tebaldo Ponzi, tra
i molti nomi che adottò per mettere in atto le sue operazioni ci sono Charles
Ponci, Charles P. Bianchi, Carl e Carlo. Emigrato negli Stati Uniti, divenne
uno dei più grandi affaristi truffatori della storia americana. Divenne famoso
per aver utilizzato su larga scala una tecnica da lui stesso ideata. Le sue
truffe ebbero una notevole risonanza sui mezzi d'informazione, che denominarono
la tecnica da lui adottata «Schema Ponzi».
Ancora oggi lo Schema Ponzi è in uso in numerose versioni
moderne che fanno uso della posta elettronica.
I primi anni della vita di Ponzi sono difficili da
ricostruire, anche a causa della sua propensione a inventare e abbellire gli
eventi. Nato a Lugo, in provincia di Ravenna, il 3 marzo del 1882, trascorre
l'adolescenza a Parma, dove in seguito trova un impiego alle Poste. Si iscrive
da lì a poco all'Università La Sapienza di Roma. Si inserisce in un giro di
studenti che considerano il periodo universitario come una "vacanza di
quattro anni"; Ponzi li segue in giro per bar e teatri. A un certo punto,
a corto di fondi, abbandona l'università e si imbarca per Boston.
Secondo quanto riportato dallo stesso Ponzi, arriva negli
Stati Uniti nel 1903 con soli due dollari e cinquanta centesimi in tasca, dopo
aver perso in scommesse tutti i risparmi di una vita durante il viaggio in
nave. Impara presto l'inglese e trascorre gli anni seguenti facendo alcuni
lavoretti lungo la East Coast. Alla fine trova impiego come lavapiatti in un
ristorante, dove la notte dorme sul pavimento. Riesce a farsi promuovere
cameriere, ma viene presto licenziato per piccoli furti e perché imbrogliava i
clienti sul resto.
Nel 1907 si sposta a Montréal (Canada), dove diventa
consulente del Banco Zarossi, giovane banca fondata da Luigi "Louis"
Zarossi per gestire i risparmi degli immigranti italiani che arrivano in città.
Zarossi garantisce un tasso d'interesse del 6% sui depositi, doppio del tasso
corrente, e questo consente una crescita molto rapida della banca. Ponzi scopre
che in realtà la banca versa in gravi difficoltà economiche, a causa di alcuni
prestiti immobiliari sbagliati, e che Zarossi riesce a pagare gli interessi non
attraverso gli utili realizzati sul capitale investito, ma utilizzando i
depositi dei nuovi correntisti. La banca alla fine fallisce e Zarossi fugge in
Messico con gran parte del denaro.
Ponzi rimane a Montréal e, per qualche tempo, vive nella
casa di Zarossi, aiutandone la famiglia. Avendo intenzione di ritornare negli
Stati Uniti, cerca di racimolare i soldi per il viaggio. Alla fine, mentre si
trova negli uffici di uno degli ex clienti di Zarossi, trovando un libretto di
assegni incustodito, ne stacca uno intestandoselo per $423,58 e falsifica la
firma di uno dei direttori della compagnia. Scoperto dalla polizia, che aveva notato
le ingenti spese effettuate subito dopo la riscossione dell'assegno, Ponzi,
mostrando i polsi, si afferma colpevole. Finisce in una prigione del Québec,
dove trascorre tre anni come detenuto numero 6660. In una lettera dice alla
madre di aver trovato lavoro come "assistente speciale" di una
guardia carceraria.
Dopo il rilascio, nel 1911, decide di ritornare negli Stati
Uniti, ma si trova coinvolto in un progetto di immigrazione clandestina di
italiani. Viene scoperto e trascorre altri due anni in un carcere di Atlanta.
Diventa traduttore della guardia carceraria, che stava intercettando le lettere
del famoso gangster Ignazio "the Wolf" Lupo.
Lo schema prevedeva 4 fasi: Fase A. Al potenziale cliente
viene promesso un investimento con rendimenti superiori ai tassi di mercato, in
tempi ravvicinati. Fase B. Dopo poco tempo viene restituita parte della somma
investita, facendo credere che il sistema funzioni veramente. Fase C. Si sparge
la voce dell'investimento molto redditizio; altri clienti cadono nella rete. Si
continuano a pagare gli interessi con i soldi via via incassati (la finanziaria
ha capitale sociale zero, ma gli investitori non lo sanno). Fase D. Lo schema
si interrompe quando le richieste di rimborso superano i nuovi versamenti.
Cominciano ad avvertirsi i primi segnali del fallimento
finale: un rivenditore di mobili, che ne aveva venduti alcuni a Ponzi quando
questi non poteva permettersi di pagare, lo cita in giudizio per il dovuto.
Ponzi vince la causa, ma le persone cominciano a chiedersi come egli abbia
fatto da nullatenente a diventare un milionario in così poco tempo. Alcuni investitori
decidono così di ritirare i loro fondi dalla Securities Exchange Company. Ponzi
li remunera profumatamente e la corsa all'uscita dalla compagnia si esaurisce. Di
fatto, il 24 luglio 1920, il Boston Post pubblica un articolo positivo su Ponzi
e il suo schema, che riesce a fare incetta di fondi come mai prima d'allora. In
quel periodo Ponzi riesce a raccogliere 250.000 dollari al giorno. Ma uno dei
redattori del Post, non convinto, ingaggia un investigatore per fare luce sulla
società di Ponzi.
Frattanto, la Securities Exchange Company è sotto
sorveglianza anche dello Stato del Massachusetts, e Ponzi incontra gli
ispettori proprio il giorno della pubblicazione dell'articolo. Ponzi conta di
distogliere temporaneamente i funzionari dai libri contabili della società
offrendosi di sospendere la raccolta durante le indagini. L'offerta di Ponzi
seda momentaneamente i sospetti degli ispettori.
Ponzi nel frattempo è in cerca di un'idea per poter uscire
dalla trappola dorata in cui si è cacciato, ma il tempo scorre veloce. Il 26
luglio il Post inizia la pubblicazione di una serie di articoli che pongono
seri dubbi sulle operazioni della sua macchina per far soldi. Il Post contatta
Clarence Barron, noto analista finanziario, per esaminare lo schema di Ponzi.
Barron osserva che, nonostante i rendimenti fantastici realizzati dalla
Securities Exchange Company, Ponzi non sta investendo nella società. L'analista
nota poi che le attività della Securities Exchange Company avrebbero dovuto
mettere in circolazione 160.000.000 di Buoni di risposta internazionale, mentre
ne risultano in circolazione solo 27.000, e le Poste statunitensi affermano che
non ci sono stati acquisti ingenti di buoni né in patria né all'estero.
Inoltre, se è vero che il margine lordo di profitto nella compravendita di
ciascun buono è enorme, gli overhead (le spese generali) che occorre affrontare
per gestire l'acquisto e il successivo riscatto di tutti i buoni, ciascuno di
valore estremamente basso se preso individualmente, sono tali da erodere gran parte
dei profitti.
Gli articoli causano un'ondata di panico tra coloro che
hanno investito nella compagnia. Ponzi risarcisce $2.000.000 in soli tre giorni
alla folla assiepata davanti al suo ufficio. Ponzi esce tra la folla, discute
con le persone, offre caffè e ciambelle e le rassicura dicendo che non hanno
niente da temere. Molti cambiano idea e lasciano i loro risparmi presso di lui.
Frattanto, i dirigenti delle Poste annunciano un cambiamento
nei tassi di conversione postale, il primo da prima dell'inizio della guerra.
Tuttavia, nell'annuncio viene dichiarato che i nuovi tassi non sono dovuti a
nessuno schema posto in essere da individui o società al fine di lucrare sulle differenze
nei tassi di cambio.
Ponzi accumula denaro, ma solo aumentando le passività. Ad
un certo punto, in un'ottica truffaldina la cosa più logica sarebbe stata
quella di trasportare il denaro fuori dagli USA, dove le autorità non sarebbero
riuscite a recuperarlo. Invece Ponzi resta fermo e continua a rimborsare gli
investitori. Vuole sembrare il più onesto possibile e, stando alla sua
autobiografia, spera sempre di riuscire a utilizzare il tesoro accumulato per
iniziare un commercio legale che avrebbe generato rendimenti tali da
permettergli di rimborsare gli investitori e far arricchire tutti.
Nel frattempo, Ponzi aveva assunto un agente pubblicitario,
un certo James McMasters, il quale presto diventa diffidente dei discorsi senza
fine di Ponzi sui buoni, visto anche il fatto che Ponzi era sotto inchiesta. Va
al Post, dove dice che Ponzi è finanziariamente un folle. Il giornale gli offre
cinquemila dollari per la sua storia ed esce con un articolo in prima pagina il
2 agosto in cui si dichiara che Ponzi è irrimediabilmente insolvente e
sull'orlo della bancarotta. Il 10 agosto gli agenti federali irrompono nella
società e ne ordinano la chiusura, assieme alla Hanover Trust Bank. Non viene
trovato nessuno stock consistente di buoni.
Il Post continua i suoi articoli. In uno di questi vengono
mostrati la fedina penale di Ponzi e i primi piani del suo volto sorridente
scattati durante l'arresto in Canada. Il 13 agosto Ponzi viene arrestato. Tra i
suoi capi d'accusa si contano 86 frodi.
Nonostante tutto, molte persone credono ancora in Ponzi e se
la prendono con gli ispettori federali che hanno indagato su di lui. Circa
40.000 persone avevano investito milioni nella società di Ponzi. Secondo le
stime finali si tratta di circa 15 milioni di dollari (140 milioni di dollari
ai prezzi del 2006).
Il 1º novembre 1920, Ponzi è dichiarato colpevole di frode postale
e condannato alla pena di cinque anni da scontare in una prigione federale.
Viene rilasciato dopo tre anni e sei mesi. Viene condannato ad altri nove anni
dalle autorità del Massachusetts.
In attesa del processo di appello, paga la cauzione e una volta
libero si trasferisce in Florida, dove, sotto falso nome (Charles Borelli),
organizza una nuova truffa (del genere scam). Compra dei terreni a 16 dollari
l'acro, suddivide ogni acro in ventitré lotti e vende ciascun lotto a 10
dollari, promettendo agli acquirenti rendimenti favolosi.
Le autorità della Florida si accorgono presto dello scam
organizzato da Ponzi e lo arrestano per frode, condannandolo ad un anno di
reclusione. Ancora una volta, il 3 giugno 1926 Ponzi esce su cauzione e scappa
in Texas, dove, rasatosi i capelli e fattosi crescere i baffi, cerca di
imbarcarsi su un nave mercantile diretta in Italia. Ma il 28 giugno viene
scoperto e catturato nel porto di New Orleans. Scrive un telegramma al
Presidente Calvin Coolidge chiedendo di essere espatriato, ma la sua richiesta
viene rifiutata e Ponzi viene rispedito a Boston per finire di scontare la sua
pena.
Nel frattempo, gli ispettori governativi stanno cercando di
ricostruire i bilanci di Ponzi, per capire quanto denaro avesse raccolto e dove
fosse andato. Ma una stima precisa non è mai stata raggiunta.
Ponzi viene rilasciato il 7 ottobre 1934, dopo aver scontato
sette anni di carcere. È immediatamente espatriato e ricondotto in Italia, non
avendo mai ottenuto la cittadinanza statunitense. All'uscita della prigione una
folla inferocita lo attende. Prima di andarsene dice ai giornalisti lì
presenti: "Cercavo guai, e li ho trovati."
Rose, la moglie, decide di rimanere a Boston, di non
seguirlo in Italia e chiede il divorzio.
In Italia, Ponzi tenta di replicare diverse volte lo schema,
ma senza fortuna. Tornato a Roma, si guadagna da vivere come traduttore
d'inglese. Dal 1939 al 1942 lavora nella compagnia aerea L.A.T.I., per gestire
i rapporti con Rio de Janeiro: ottenne il lavoro grazie all'intercessione del
cugino Attilio Biseo, pilota d'aerei personale del Duce e ideatore
dell'operazione S. Ma, durante la seconda guerra mondiale, il Brasile entra in
guerra contro l'Asse e Ponzi perde il lavoro.
Trascorre gli ultimi anni di vita in povertà a Rio,
sbarcando il lunario con lavoretti. Nel 1948 ha un ictus, che gli provoca
un'emiparesi sinistra e la perdita parziale della vista. Muore in un ospedale
per poveri a Rio de Janeiro l'anno dopo, il 18 gennaio 1949.
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