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mercoledì 20 febbraio 2019

Erzsébet Báthory: la Contessa Sanguinaria


Erzsébet Báthory: la Contessa Sanguinaria
Erzsébet Báthory, soprannominata la Contessa Dracula o Contessa Sanguinaria, nata a Nyírbátor, 7 agosto 1560 e morta a Csejte, 21 agosto 1614 a 54 anni, è stata una serial killer ungherese. Lei e quattro suoi collaboratori furono accusati di aver torturato e ucciso centinaia di giovani donne. Le vittime oscillerebbero tra le 100 accertate e altre 300 di cui era fortemente sospettata all'epoca; secondo un diario trovato durante la perquisizione in casa sua, le vittime sarebbero 650, e ciò farebbe di lei la peggiore assassina seriale mai esistita; ma gli storici tengono per vera la stima delle 100/300 vittime e sono scettici circa la veridicità e/o esistenza di questo diario.
Erzsébet nacque nel 1560 a Nyírbátor, un villaggio nel nord-est dell'attuale Ungheria, ma venne allevata nella proprietà di famiglia di Ecsed in Transilvania (odierna Romania). La sua famiglia, i Báthory-Ecsed e i Báthory-Somlyó, faceva parte delle casate protestanti ungheresi. L'albero genealogico dei Báthory comprendeva vari eroi di guerra protettiva contro i turchi osmani, un cardinale e un re di Polonia. Nella sua famiglia, a causa della consanguineità (anche il padre aveva sposato una sua cugina), non mancavano malattie del sistema nervoso: molti suoi membri mostravano segni di epilessia, schizofrenia e altri disturbi mentali. Non stupisce infatti che fin da bambina ella dava segni di squilibrio passando repentinamente dalla quiete alla collera. All'età di circa sei anni, stando alla leggenda, fu testimone di un fatto che lasciò su di lei una traccia indelebile: un gruppo di zingari venne invitato nella sua casa per intrattenere la corte; uno di essi venne però condannato a morte per aver venduto i figli ai turchi. Le sue grida lamentose giunsero fino al castello, attirando l'attenzione di Erzsébet, la quale, all'alba, fuggì dal castello per vedere l'esecuzione della condanna: dei soldati tagliarono il ventre di un cavallo legato a terra, il condannato venne preso e infilato nel ventre, rimase fuori solo la testa, poi un soldato ricucì il ventre del cavallo con il condannato al suo interno. Nel 1571, all'età di 11 anni, fu promessa in sposa al conte Ferenc Nádasdy, di sette anni più grande di lei, e andò a vivere nel castello di Nádasdy di Sárvár nel Transdanubio, presso il confine austriaco. All'età di 13 anni, incontrò un suo cugino, il principe di Transilvania, il quale, sotto i suoi occhi, fece tagliare naso e orecchie a 54 persone sospettate di aver fomentato una ribellione dei contadini. L'8 maggio 1575, all'età di quindici anni, sposò il fidanzato, Ferenc Nádasdy, a Vranov nad Topľou (Varanno), presso Prešov, nell'attuale Slovacchia nord-orientale. Al matrimonio fu invitato persino il sovrano del Sacro Romano Impero Massimiliano II, il quale, tuttavia, causa la lontananza, non poté partecipare, ma inviò una delegazione con un costoso gioiello come regalo di nozze.
Il marito aveva studiato a Vienna, dove si era dimostrato un buon atleta; inoltre faceva all'epoca parte di un gruppo di spadaccini noto come il "Terribile Quintetto". Amava torturare i servi, senza però ucciderli: una delle sue torture preferite consisteva nel cospargere di miele una ragazza nuda e lasciarla legata vicino alle arnie di sua proprietà. Essendo Nádasdy quasi sempre lontano da casa per combattere i turchi, la responsabilità del castello di Sárvár era affidata ad Erzsébet. Erzsébet amava vestirsi da maschio ma nel contempo era ossessionata dalla sua bellezza femminile. Verso i 18-19 anni ebbe una figlia da una relazione illegittima e la affidò a un contadino. Nella leggenda popolare si dice che questa bambina sia la progenitrice di alcune delle famiglie più antiche della zona, quali i Mansfeld, i Riddler e gli Helbinger. Nei primi dieci anni di matrimonio non ebbe figli, ma nei nove anni seguenti partorì tre figlie e un figlio. Fu una madre molto protettiva e gestì bene la servitù del castello. Per passare il tempo quando il marito era lontano da casa, Erzsébet cominciò a far visite alla contessa Karla, sua zia, e si dice che partecipasse alle orge da lei organizzate. Conobbe nello stesso periodo Dorothea Szentes, un'esperta di magia nera che incoraggiò le sue tendenze sadiche. Dorothea, conosciuta come Dorka, e il suo servo Thorko le insegnarono i segreti e le pratiche della stregoneria di cui scriveva spesso al marito in lunghe lettere.
Erzsébet riteneva un affronto intollerabile la fuga di una serva e la punizione era quasi sempre la morte. Una sera, una ragazza di dodici anni, Dora, riuscì a fuggire dal castello con indosso solo una lunga camicia bianca. Venne presa poco dopo e condotta dalla contessa, la quale la costrinse ad entrare in una gabbia cilindrica troppo stretta per sedersi e troppo bassa per stare in piedi. La gabbia venne quindi sollevata da terra tramite delle carrucole e spinta contro dei paletti appuntiti. Il valletto nano al servizio di Erzsébet, Ficzkó, manovrò le corde in modo che la gabbia oscillasse: in questo modo, il corpo venne fatto a pezzi. In un'altra occasione, in pieno inverno, fece condurre nel cortile, sotto la sua finestra, delle ragazze denudate. Ordinò quindi di versare acqua su di loro. Le ragazze morirono per assideramento. Suo marito non era inferiore a lei in quanto a crudeltà: una volta ai due sposi venne il sospetto che una serva si fosse finta malata, le fecero così infilare tra le dita dei pezzi di carta impregnati d'olio ai quali fu poi dato fuoco; dopo questo fatto ben pochi osarono dichiararsi ammalati. I segni della sua pazzia si palesavano sulle sue serve, castigate sempre più duramente per i loro errori.
Sotto tortura, dei testimoni affermarono che un giorno, dopo aver percosso una domestica, alcune gocce di sangue di questa colarono sulla mano della contessa. La Báthory credette, in seguito, che in quel punto specifico della mano la sua pelle fosse ringiovanita. Chiese agli alchimisti delucidazioni. Costoro, pur di compiacerla, si erano inventati la leggenda che raccontava di una giovane vergine il cui sangue aveva avuto effetti analoghi sull'epidermide raggrinzita di un aristocratico. La Báthory finì con il convincersi che fare abluzioni nel sangue di giovani vergini (in particolare della sua stessa classe sociale), o berlo quando queste fossero state particolarmente avvenenti, le avrebbe garantito la giovinezza eterna.
Si stima che abbia cominciato ad uccidere nel periodo tra il 1585 ed il 1610. Il marito ed i parenti sapevano delle sue inclinazioni sadiche, ma non intervennero. Cominciò a torturare e ad uccidere barbaramente giovani contadine, e in seguito, anche le figlie della piccola nobiltà. Infatti, nel 1609 Erzsébet istituì, nel suo castello, un'accademia che aveva, come fine apparente, l'educazione di ragazze provenienti da famiglie agiate. Prese a tradimento, le sue vittime venivano spogliate, incatenate a capo in giù, quindi, seviziate. Le loro gole venivano recise e il sangue fluiva, pronto per essere raccolto e usato da Erzsébet. Si narra che la Contessa abbia fatto costruire da un orologiaio svizzero un marchingegno chiamato "Vergine di Ferro" (simile alla futura Vergine di Norimberga), la quale aveva la forma di una donna dai lunghissimi capelli biondo argenteo (probabilmente sul modello di qualche fanciulla uccisa da lei stessa) che arrivavano fino quasi ai piedi. Ogni qualvolta una ragazza le si avvicinava, la Vergine di Ferro alzava le braccia e stringendola in una morsa mortale la uccideva, trapassandola con dei coltellacci acuminati fuoriusciti dal petto.
Quando le denunce per le sparizioni delle giovani aristocratiche arrivarono alla Chiesa cattolica, l'imperatore Mattia II (che era molto meno ricco della contessa ungherese) intervenne ordinando un'indagine sulla nobildonna. Gli inviati dell'imperatore entrarono di nascosto nel castello e colsero sul fatto la Báthory mentre torturava alcune ragazze; trovarono anche in molte stanze e nelle prigioni diversi cadaveri straziati e donne ancora vive con parti del corpo amputate. Fu incriminata e murata viva in una stanza del suo stesso castello, con un foro per ricevere il cibo. Morì quattro anni più tardi, lasciandosi morire di fame in quella cella. Altre quattro persone, tra cui la fedelissima domestica Ilona Joó e l'amante László, un esponente della piccola nobiltà locale, furono condannati come suoi complici e torturati con le seguenti sentenze: Ficzkó venne decapitato e gettato nel fuoco, Ilona Joó ebbe le dita amputate e fu bruciata viva assieme a Dorka. Katalyna Beniezky, la meno cattiva del gruppo della contessa Báthory, ebbe una condanna più mite, perché ella si limitava a nascondere i cadaveri delle fanciulle uccise e a volte, finché erano ancora in vita, cercava di dar loro da mangiare a rischio della sua stessa vita.
Non è mai stato chiarito il numero esatto delle sue presunte vittime, ma dai suoi diari (presumibilmente falsificati) e dai suoi appunti emergono 650 nomi accuratamente trascritti. Se questi nomi fossero esattamente quelli di tutte le sue vittime, ciò farebbe di lei la più efferata e più grande assassina seriale della storia. Ma, come indicato sopra, gli storici hanno ridotto le vittime entro un numero compreso tra le 100 e le 300 circa. La sua storia sfuma nella leggenda ed è condita di tradizioni popolari. Secondo le calunnie Erzsébet Báthory è infatti diventata un personaggio di culto dell'immaginario vampiresco. La contessa divenne estremamente potente alla morte del marito Ferenc Nádasdy, avvenuta nel 1604. A seguito della sua scomparsa, divenne amministratrice dei beni del figlio di soli sei anni. La contessa acquistò ancora più potere quando nel 1607 il principe Gábor Báthory (Gabriele Báthory), suo nipote, venne eletto Principe di Transilvania. Tale elezione andò a scapito del potente conte György Thurzó (Giorgio Thurzó), che divenne pertanto nemico dei Báthory e della contessa in particolare.
È stato lontanamente ipotizzato (ma ciò non può essere accertato) che la congiura ai danni della contessa fosse organizzata dallo stesso Thurzó, divenuto Conte Palatino d'Ungheria nel 1609. Fu lui a ordinare, il 5 marzo 1610, l'inchiesta preliminare contro Erzsébet, sulla base di alcune denunce anonime. Ma sembra che le denunce non fossero arrivate a lui ma direttamente a Mattia II, sovrano d'Ungheria, il quale vide nel "processo Báthory" la possibilità di confiscare l'imponente patrimonio della contessa e ridimensionare in tal modo l'influenza politica della sua famiglia. Fu proprio Mattia a firmare il decreto di prigionia per la contessa, obbligandola alla fissa dimora in un luogo rinchiuso, per soddisfare le impellenti richieste delle famiglie nobili delle vittime uccise e dissanguate.

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